Riflessioni personali di una parola tanto in voga quando si parla di alimenti per animali (insieme a ossa, piume, becchi, additivi e sottoprodotti della macellazione). Lo dico sempre in negozio a chiunque mi chieda un consiglio, ragionate con la vostra testa e non fatevi incantare dalle parole chiave per intortarvi.
Cos’è Cruety-Free
Con il regolamento europeo 655/2023 viene finalmente introdotto in Europa il divieto di vendere cosmetici testati su animali. Fino ad allora in pochi produttori apponevano con vanto la scritta Cruelty Free, ovvero, non testato su animali.
Ovviamente i test non erano condotti con il consenso degli animali, se erano fortunati e non c’erano reazioni tutto andava bene, per i più sfortunati le problematiche potevano essere notevoli. Per quelli che come me passano gli “anta”, è facile ricordare le immagini delle scimmie con il rossetto. Attualmente, fortunatamente, per questi studi si utilizzano test di laboratorio con il know-how maturato negli anni e tester umani remunerati.
Il termine Cruelty-free non è necessariamente da tradursi in italiota come “senza crudelta” ma esprime un concetto molto più ampio, ovvero prodotto non testato sugli animali. Questo non presuppone necessariamente la presenza di crudeltà o violenze e apre ad un grande paradosso in tutto quello che ci sentiamo raccontare da vari venditori e produttori di crocchette cruelty-free per animali.
Tanti pensano ancora che, nonostante le severe normative di salute e benessere animale, esista ancora qualche produttore di petfood che riempie gli animali con del cibo e li apre in due, possibilmente vivi, per vedere cosa succede. Non siamo più nel medioevo e la terra non è piatta.
Il paradosso Cruelty-free nel PetFood
Accettata dunque la definizione della parola cruelty free mi sorge un grande dubbio, perchè necessariamente puntare a cercare un alimento per animali non testato sugli animali? O forse non è allora vero che tutti i produttori che si dichiarano cruelty-free lo siano realmente, o meglio ancora che lo siano secondo loro interpretazione del termine crudelta’. Ma se questi sono i presupposti, quale certezza posso avere di quello che mi dichiarano sulle famose etichette di ingredienti e nutrienti?
Ecco quindi svelato il paradosso della parola cruelty free, probabilmente il motivo per cui taluni produttori non osano definirsi “cruelty-free” ma vengono attaccati per questo. Tanti alti produttori, finali o conto terzi, si arrogano di definire i propri alimenti sviluppati in modo sostenibile e cruelty-free, magari in collaborazione con la blasonata università di veterinaria di chissà dove. Peccato che, per legge, per specifici fini di ricerca, possano essere condotte ricerche su animali (DECRETO LEGISLATIVO 4 marzo 2014, n. 26) e tanti saluti al cruelty-free in qualsiasi traduzione più o meno italiota. Si apre quindi un grande dilemma su quale produttore di petfood possa realmente definirsi cruelty-free.
Se accettiamo il termine cruelty free nel suo vero significato, come possiamo capire se il tal cibo è idoneo all’alimentazione del nostro amato peloso se non è testato su animali? Decidiamo noi di provarlo per la ditta, ci arroghiamo noi il diritto di testarlo sul nostro cane facendo si che il produttore se ne lavi le mani dichiarandosi cruelty-free e diventando noi stessi i biechi sperimentatori. Questo è il paradosso.
Eppure ci hanno raccontato che quello che abbiamo appena comprato è il miglior alimento per il nostro cane, supernaturale, senza additivi, cruelty free, sviluppato proprio per le sue esigenze e pagato pure a caro prezzo. Ma su quali basi, come facciamo a saperlo? Servirebbero dunque degli umani disposti a fare da tester remunerati. Purtroppo l’alimentazione umana, canina e felina sono differenti.
Concludendo
Personalmente quando sento utilizzare la parola cruelty free, additivi, i sottoprodotti, le piume, i becchi, gli zoccoli e via dicendo rabbrividisco e nel mio cervello si accendono immagini di televendite improbabili piuttosto che nelle orecchie mi risuona la voce di Anna del calcennter per le megaofferte telefoniche della compagnia XX piuttosto che della YY